Stampa

Perché siamo contrari alla terza linea per il termovalorizzatore di Como

21. 12. 01

Quadro di riferimento sugli impianti di incenerimento

Il dl. 12 settembre 2014, n. 133 ‘sblocca Italia’ ha individuato negli inceneritori e negli impianti di recupero della frazione organica lo strumento strategico per realizzare un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantire l'autosufficienza nazionale nel trattamento, prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitare il conferimento in discarica.

La ricognizione delle infrastrutture, che si basa sui dati ISPRA-Federambiente, restituisce una mappa fortemente sbilanciata tra Nord e Sud del Paese e segnala interessanti differenze geografiche. Si tratta complessivamente di 40 impianti di incenerimento operativi, per un totale di 79 linee, a cui se ne aggiungono 6 già autorizzati, localizzati nelle regioni del Nord e del Centro. il Nord risulta complessivamente autosufficiente, in quanto il consistente surplus registrato dalla Lombardia, dove sono presenti ben 13 impianti, può essere utilizzato dalle altre regioni che non hanno impianti di incenerimento (Liguria, Valle d’Aosta e Provincia di Trento) o che pur avendone presentano comunque un deficit (Veneto). Al contrario, tutte le regioni del Centro ad eccezione della Toscana necessitano di impianti: in Umbria e nelle Marche non esistono ad oggi inceneritori, mentre nel Lazio i tre impianti esistenti non risultano comunque sufficienti a soddisfare il fabbisogno residuo. Tra le regioni del Sud, la Calabria e la Basilicata, entrambe con un unico impianto di incenerimento a livello regionale, risultano autosufficienti o in leggero deficit, il Molise risulta in surplus, mentre le altre sono invece in deficit o per totale mancanza di infrastrutture, come l’Abruzzo, o per la presenza di impianti di dimensione insufficiente. Infine, per quanto riguarda le Isole, considerate separatamente per questioni logistiche, entrambe registrano un deficit infrastrutturale importante.

Lo spartiacque è rappresentato dal momento della raccolta, a valle della quale si osserva un’articolazione diversificata delle fasi successive che seguono due filiere distinte: da un lato, nel caso della frazione differenziata, quella della selezione, della preparazione per il riutilizzo e del riciclaggio; dall’altro, cioè per la frazione indifferenziata, quella del trattamento, del recupero di energia tramite incenerimento e dello smaltimento:

L’art. 35 del dl. 12 settembre 2014, n. 133, sancisce che è possibile avviare a recupero energetico i rifiuti indifferenziati “tal quale” senza previo trattamento.


I fanghi di depurazione

I fanghi prodotti dagli impianti di depurazione sono stati prevalentemente usati in agricoltura come fertilizzanti e quelli considerati non idonei smaltiti in discarica o, in misura minore, inceneriti.

Abusi e usi impropri hanno portato ad una limitazione dell’utilizzo in agricoltura a causa delle impurità potenzialmente presenti (metalli pesanti, idrocarburi, residui di farmaci e droghe …). In Lombardia in proposito è intervenuta anche una sentenza del TAR (1782/2018). Il tutto in assenza di una normativa chiara e univoca a livello nazionale anche se è in corso la stesura del nuovo “decreto fanghi” in attuazione della direttiva 86/278/CEE relativa alla protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell’uso dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Un altro importante impulso, forse anche più grande del “problema agricolo”, è quello relativo alla necessità, per non incorrere in nuove sanzioni, di diminuire la parte dei fanghi che va in discarica che, almeno a livello medio nazionale, attualmente è predominante (45%).

In Lombardia si stima che vengano prodotte 600-800mila tonnellate anno di questi fanghi (anche se secondo alcuni sono sovrastimate), i costi di smaltimento sono saliti alle stelle e la via più breve per trattarli è stata subito individuata nell’incenerimento: in aggiunta agli RSU nei termovalorizzatori esistenti oppure negli impianti dei cementifici, mentre una piccola percentuale va ancora nelle discariche.

Ora però va facendosi strada la mono combustione creando nuove linee di termovalorizzatori che bruciano esclusivamente i fanghi tal quali prodotti dagli impianti di depurazione di acque civili e industriali. Ecco quindi il nascere di nuovi progetti: Sesto San Giovanni, Parona (PV), Cremona … e adesso anche Como

Alternative possibili all’incenerimento dei fanghi

Per una vera circolarità occorre, secondo noi, tornare ad un uso prioritario in agricoltura con una attenta caratterizzazione che escluda la presenza di contaminati pericolosi. In subordine andrebbero messe in atto tecniche per ridurre i quantitativi da conferire ad incenerimento.

Entrando più nel dettaglio si possono fare alcune considerazioni:

Esistono già in Italia impianti costruiti in contiguità con gli impianti di depurazione che producono, dopo avere ridotto il carico di inquinanti nei fanghi, fertilizzante sotto forma di gessi (Peschiera Borromeo, San Giuliano Milanese, Foggia, Barletta, Porto sant’Elpidio). Si arriverebbe così ad ottenere da una parte sostanze qualitativamente migliori per l’agricoltura ed una molto piccola parte residua da eliminare come rifiuto speciale in un inceneritore. Alcuni impianti di depurazione si stanno attrezzando per attuare almeno in parte queste azioni; ad esempio degassificazione per produrre biometano, oppure essicazione per ridurre il peso dei fanghi da trasferire per lo smaltimento finale. Oppure con tecniche di ozonolisi o idrolisi termica prima della digestione anaerobica.


La situazione attuale, in parte legata all’incertezza legislativa, al livello ancora sperimentale di altre soluzioni, alla stigmatizzazione anche mediatica dei fanghi di depurazione e alla mirata volontà politica (almeno in Lombardia), ha di fatto favorito i gestori di impianti di incenerimento. Infatti in attesa di trovare forme allo stesso tempo più compatibili con l’ambiente oltre che economiche e realizzabili in tempi brevi, la soluzione “meno peggio” è sembrata quella di bruciare i fanghi tal quali mischiati agli RSU, oppure previa disidratazione ed essicazione cercando di estrarre parte di materiali utili e di recuperare energia termica ed elettrica.

In Lombardia va ricordato anche che è in corso un progetto sperimentale denominato FanghiLab, che vede capofila lo stesso gruppo A2a, partner di ACSM AGAM, che mette a confronto diverse modalità di incenerimento (aggiunta ad RSU a Brescia e monocombustione previa essicazione con linea dedicata a Corteolona) sperimentando però anche interventi di pretrattamento presso i depuratori. Presso l’impianto comasco di Lariana Depur si sperimenta la estrazione di inquinanti dai fanghi. BrianzAcque sperimenterà un nuovo impianto innovativo, il primo in Europa, in grado di essiccare biologicamente i fanghi di depurazione e ridurre i quantitativi destinati a recupero energetico. MM invece sta realizzando un impianto sperimentale per la mono-combustione in loco, presso l’impianto di depurazione di Milano San Rocco, di miscele di fanghi disidratati ed essiccati e sperimenterà un processo di carbonizzazione dei fanghi (metodo HTC). Il tutto sotto la supervisione dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, al fine di valutare l’impatto sanitario-ambientale delle differenti strategie di impiego dei fanghi.

 

Il progetto di Como

A Como ACSM-AGAM, che pure fa parte del gruppo A2a, ha preferito puntare subito sulla realizzazione di una nuova linea di monocombustione per trattare i fanghi tal quali, non pretrattati presso gli impianti di depurazione, precludendo quindi anche per i prossimi anni la possibilità di migliorare la qualità dei fanghi per un maggiore utilizzo in agricoltura così come una possibile utilizzazione presso gli stessi impianti di depurazione per recuperare energia e sostanze utili o almeno per una riduzione dei quantitativi da trattare negli inceneritori.

 

Il trattamento proposto per Como viene presentato come un esempio di economia circolare soprattutto per il previsto recupero di energia e la produzione di calore ed energia elettrica. In realtà la tecnologia di incenerimento dei fanghi è da ritenersi scarsamente circolare se paragonata a quella del loro utilizzo in agricoltura tal quali o con produzione di fertilizzanti (gessi):

Per il progetto della terza linea di Como non si può dubitare che utilizzeranno le migliori tecnologie per ridurre il consumo energetico anzi producendo calore per il teleriscaldamento ed energia elettrica, per cercare di estrarre se pur in minima parte sostanze utili (fosforo) e ridurre al minimo le emissioni.

Va però sottolineato che:

I termovalorizzatori vanno costruiti nelle regioni che ne sono carenti e nelle altre dismetterli progressivamente mano a mano che la circolarità del ciclo dei rifiuti sarà sempre più virtuosa.

Cosa fa la Regione Lombardia?

Appare evidente in questa operazione la completa assenza di programmazione da parte della Regione Lombardia che da una parte finanzia le sperimentazioni di FanghiLab e nello stesso tempo non interviene nel disordinato sorgere di nuovi inceneritori che si aggiungono ai 13 già esistenti, sovradimensionati rispetto al fabbisogno regionale. La Lombardia evidentemente non intende fermare il business dell’arrivo di rifiuti da fuori regione.

Considerazioni Conclusive

NON ACCETTIAMO LA TERZA LINEA DI INCENERIMENTO dedicata ai FANGHI per le motivazioni sovrariportate che riassumiamo in breve:

  1. In una regione con una eccedenza di impianti di incenerimento di rifiuti, più che sufficienti rispetto al fabbisogno, una politica compatibile con l’ambiente non può permettere che se ne aggiungano di nuovi ma si deve programmare la chiusura degli impianti più vecchi.

  2. Nel caso di Como nel 2020 avrebbe dovuto cessare l’attività della linea 2, invece con un grosso investimento economico, è stata ammodernata e potenziata.

  3. Non viene motivato perché la scelta della nuova linea sia caduta su Como dove verrebbero trattati per oltre l’80% i fanghi provenienti anche dalle province di Sondrio, Lecco, Varese e Monza Brianza.

  4. Pur nel rispetto dei limiti di legge ci sarà un incremento di emissioni inquinanti compreso quello da traffico di mezzi pesanti.

  5. Da oltre 50 anni la zona sud di Como ed i comuni limitrofi subiscono le emissioni inquinanti dell’inceneritore e del traffico conseguente, quindi andrebbe attentamente valutato “l’effetto accumulo” per la salute umana e per l’ecosistema in generale.

  6. Esistono alternative tecniche già oggi disponibili per migliorare la qualità dei fanghi e quindi per un ritorno ad un maggiore utilizzo in agricoltura. Presso gli impianti di depurazione possono anche essere attuate modalità di trattamento per ridurre la quantità da trasferire negli inceneritori già esistenti e per produrre energia.

  7. La monocombustione dei fanghi con un inceneritore dedicato, per quanto realizzata con le tecniche più moderne e ricavando anche calore ed energia elettrica, non può essere considerata una modalità di economia circolare.

  8. L’obiettivo dichiarato da ACSM-AGAM di dimezzare l’emissione di CO2 riguarda le due linee RSU e non la nuova linea fanghi. Si tratta comunque per il momento solo di mettere a punto un impianto pilota per una tecnica sperimentale su cui esistono dubbi a livello scientifico.

  9. Anche il previsto recupero di fosforo non sarà da subito attuabile ma occorrerà stoccare le ceneri in attesa che da queste possa essere effettivamente estratto.

Una ultima considerazione va rivolta alla modalità di “percorso partecipativo” avviato in questa fase da ACSM AGAM che all’inizio avevamo apprezzato.

In realtà il progetto è già molto dettagliato e sembra si abbia intenzione di attuarlo nel più breve tempo possibile senza avere intoppi. I giochi sono già fatti e si cerca solo il consenso!

Se effettivamente si voleva coinvolgere la società civile si doveva farlo prima di decidere l’ammodernamento della linea 2 e prima di arrivare a questo livello di progettualità.

Lascia inoltre stupefatti che nulla sia trapelato prima da parte della Amministrazione di Como, la quale avrebbe dovuto essere stata avvisata dai propri rappresentanti nominati presso ACSM-AGAM, impedendo di avviare un vero dibattito pubblico nella fase preliminare del progetto.

 

Ci aspettiamo che in una regione inquinata come la nostra (in Italia stimati dal recente rapporto AEA, 50000 morti nel 2019 per smog, come un’epidemia da covid ogni anno) che la raccolta differenziata e la riduzione della produzione di rifiuti porti ad uno smantellamento progressivo degli impianti di incenerimento e non ad un loro ampliamento, o almeno un loro bilancio netto positivo dal punto di vista ambientale. In questo caso lo scompenso ambientale per le ragioni esposte sopra è evidente (aumento emissioni, aumento traffico).

 

Como, 23 novembre 2021

 

Circolo Legambiente “Angelo Vassallo” Como Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Fridays for Future Como Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

WWF Insubria Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

ARCI Como Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.